Ilaria Rezzi è una giovante artista nata a Roma. Dopo aver
studiato presso l’istituto per la Cinematografia e la Televisione “Rossellini”
e all’Accademia delle Belle Arti di Roma, comincia ad esporre in diverse mostre
sia collettive sia personali. A pochi giorni dall’inaugurazione della mostra
“Pintage, la ribellione del modulo”,a Roma dal 23 al 29 marzo 2013, ci parla di
arte con il punto di vista tipico dell’artista.
Tra pochi giorni si
aprirà la mostra “Pintage la ribellione del modulo” dove esporrai le tue opere,
ma cosa vuol dire Pintage?
Pintage è la tecnica che integra il collage alla
pittura. Creo partendo da immagini
ritagliate da foto, riviste, quotidiani ma la regola è usare solo figure
intere. Non uso solo il pezzo che mi serve ma tutta la figura che ho
ritagliato. Questo vuol dire scendere a compromessi e accettare l’imperfezione,
per esempio un’immagine che ho scelto e ritagliato può avere quel riflesso che
nell’insieme stona ma la tengo così com’è.
Questa tecnica mi consente anche di filtrare le troppe
immagini che quotidianamente ci investono e di dargli un nuovo significato.
Che temi affronti nei
tuoi pintages?
Quello che mi interessa, dal mondo del fumetto ai miei miti,
ai cantanti pop come Jovanotti e Renato Zero al viaggio. Affronto tutti i temi
che sono importanti per me.
Nelle tue opere
affronti spesso il viaggio ma non mancano riferimenti alla tua città, qual è il
tuo rapporto con Roma?
Ho un approccio da turista, quando torno a Roma continuo a
girare per strada come se fossi in viaggio. Mi lascio guidare da quello che
vedo, mantenere l’entusiasmo sempre attivo non è facile bisogna abbandonarsi
ogni tanto.
A chi si rivolgono le
tue opere?
A tutti è banale, ma è così. I dipinti e i pintages che
faccio vengono completati dalle persone che si fermano a
guardarli non importa
se si tratta di studenti, amici o della donna delle pulizie.
Durante
l’inaugurazione della mostra Antonella Civale reciterà un monologo scritto e
diretto da Vittorio Ciardo, come
descriveresti questa collaborazione?
Non è la prima volta che collaboro con Vittorio Ciardo, è
già andato in scena ad ottobre uno spettacolo scritto da lui e basato proprio
sui miei collages e dove questi erano in scena. Anche il monologo “Pintage” è
stato scritto partendo dalle opere che saranno esposte ed è interessante integrare due forme d’arte
diverse che presuppongono tipi di attenzione diverse.
Hai frequentato
l’Accademia delle Belle Arti, cosa pensi dello studio della storia dell’arte e
delle tecniche artistiche? Non credi che possano intaccare la purezza
dell’artista creando delle sovrastrutture?
Personalmente mi sono allontanata dalla storia e ho
cominciato a non seguirla. Per quanto riguarda la tecnica se la conosci la puoi
usare ma allo stesso tempo può diventare un sedimento difficile da allontanare.
Non esiste un approccio giusto o sbagliato ma anche qui è necessario trovare un
compromesso tra l’imparare e il
dimenticare.
Che ruolo ha l’arte
oggi?
Credo che aprirsi all’arte figurativa in generale sia un
allenamento per allontanarsi dalla visione prettamente materialistica delle
cose. Sì può far entrare l’arte nella vita perché questa non è solo una tela ma
un modo di comportarsi e può influenzare i gesti quotidiani come lavarsi i
denti o camminare e parlare. Credo inoltre che ogni forma d’arte debba essere
un valore aggiunto per tutta la comunità e che possa servire a sensibilizzare
le persone.
Per concludere, che
cosa vuol dire essere artista?
Per me è stato un alibi sin da quando avevo 12 anni, era una
giustificazione alle mie stranezze quindi è stato anche un aiuto. Essere
artista però prende anche forme diverse, a volte non esco dallo studio per
giorni altre volte non tocco pennello
per lunghi periodi ma non smetto mai di fare arte perché la faccio con gli
occhi e con la testa. Essere artista ti colora il mondo, è un privilegio.